DIDATTICA INCLUSIVA

equità

L’anno scorso avevo in classe 7 studenti con un Disturbo specifico di apprendimento. So che alcuni l’hanno definita una “classe differenziale”. Per gli alunni con certificazione di Dsa la normativa impone di fornire verifiche più corte, di fare interrogazioni programmate, di dare la possibilità di usare mappe e schemi.

Ora, mi posso prendere la briga di stendere una verifica “diversa” per uno o due ragazzi, ma SETTE! Non è più un “problema” di qualche studente, qui si parla di un terzo della classe! Tanto vale cambiare strategia e fare per tutti la stessa cosa…

Annunciavo l’argomento del giorno e lo scrivevo alla lavagna. Facevamo schemi e mappe insieme, che poi tutti gli studenti avrebbero potuto tenere durante le verifiche. Avevamo un programma di interrogazioni, per tutti. Usavo font più grandi e interlinee ben distanziate, per tutti. Permettevo a tutti di recuperare un eventuale voto scritto negativo con uno orale. Tra parentesi, “recuperare” non vuol dire che devi prendere un 8 per recuperare un 4, così la media matematica fa 6: chi ce la farà mai? Recuperare vuol dire che se ti interrogo sugli stessi argomenti su cui hai preso 4 e ti meriti un 6, il 4 scompare e rimane il 6.

Risultato: avevano tutti 8? No di certo! Perchè è risaputo che chi vuole studiare, studia, con o senza “aiuti”; chi non vuole studiare, non c’è verso che lo faccia. Di certo, però, alla fine dell’anno, nonostante i brutti voti presi, nessuno ha riportato una valutazione complessiva insufficiente.

La didattica inclusiva è fondamentale per gli alunni in difficoltà e contemporaneamente aiuta gli altri a imparare meglio, più in fretta e con meno fatica: che male c’è?

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